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Le maschere della peste

Le maschere della peste

Dal 4 maggio è iniziata la cosiddetta fase 2 che dovrebbe far ripartire la vita del nostro paese dopo due mesi di quarantena a causa della pandemia da Covid-19. Una delle tante questioni su cui si è dibattuto in questo periodo è stato certamente l’uso della mascherina e quale tipo di mascherina fosse la più adeguata in questa fase in cui il distanziamento sociale sarà inevitabilmente accorciato. Noi di Genius Land abbiamo svolto una piccola ricerca sull’argomento mascherine e il risultato che emerge è abbastanza curioso e lo vogliamo condividere con i nostri amici. 

Nel corso delle passate epidemie, nelle città contagiate dalla peste era frequente vedere in giro i cosiddetti medici della peste abbigliati in una maniera alquanto bizzarra anzi verrebbe da dire divertente, se non fosse stato per la tragicità del momento. È possibile trovare in rete alcune stampe seicentesche che mostrano appunto l’abbigliamento di questi medici che erano bardati dalla testa ai piedi con cappello a tesa larga, camicia, calzoni alla zuava legati agli stivali, un cappotto cerato lungo fino ai piedi e guanti in pelle di capra. Portavano, inoltre, un bastone che consentiva loro di esaminare gli appestati e tenere lontane le persone.

Ma ciò che attira maggiormente è la maschera indossata da questi medici, dotata di due aperture chiuse da lenti per proteggere gli occhi e di un becco, più che di un naso, lungo circa venti centimetri e fornito di due buchi per consentire la respirazione. La forma a becco della maschera dava all’aria il tempo sufficiente per impregnarsi degli aromi delle erbe prima di colpire le vie respiratorie.

Con le scarse conoscenze scientifiche del tempo si credeva, infatti, che la peste si diffondesse attraverso i miasmi dell’aria avvelenata che creava uno squilibrio negli umori o nei fluidi corporei di una persona. Si usavano perciò i profumi ritenendo che fossero in grado di proteggere chi li respirava. Il becco della maschera veniva perciò riempito da un composto di erbe aromatiche, chiodi di garofano, miele, mirra, cannella e spugne imbevute di aceto. L’uso di questa maschera si fa risalire a Charles de Lorme, un medico della corte francese, anche se pare che l’abbigliamento fosse stato già in uso nelle pestilenze dei secoli precedenti il Seicento. L’attività dei medici della peste se non ha fornito alcun risultato sotto l’aspetto sanitario si è rivelato prezioso per gli storici in quanto tra i loro compiti c’era quello di compilare un libro dove venivano registrate le ultime volontà dei moribondi e i registri funebri per poter avere un conteggio preciso dei morti. Inutile sottolineare, infine, che tanto l’abbigliamento quanto la maschera non garantivano nessuna protezione contro il contagio. 

Pandemia e dintorni… N. 6 del 5 maggio 2020

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