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160 anni dell’Unità d’Italia: la figura di Giuseppe Garibaldi nella storia della fotografia

160 anni dell’Unità d’Italia: la figura di Giuseppe Garibaldi nella storia della fotografia

“Oggi 17 marzo 1861, l’Italia s’è desta – 160 anni fa, l’Unità”!

A un anno dall’inizio della pandemia la celebrazione di un anniversario così importante sembra assumere un valore aggiunto per la nostra nazione, così tanto minacciata e ferita nel profondo. E questo perché anche se in un momento storico così difficile l’esaltazione al patriottismo e il ritorno alla retorica del Risorgimento rischiano di trovarci più divisi che uniti, il richiamo agli eventi e ai personaggi che hanno fatto di noi un’unica nazione possono, comunque, essere visti sotto una luce diversa che non sia il solito momento celebrativo.

Lo facciamo soffermandoci sulla figura di Giuseppe Garibaldi, uno dei primi a comprendere la portata rivoluzionaria del mezzo fotografico come strumento di propaganda e testimonianza fedele degli eventi storici. Tra la fine degli anni Cinquanta e gli inizi degli anni Sessanta dell’Ottocento la fotografia stava infatti muovendo i primi passi e sperimentando nuove tecniche per far fronte alle sempre più frequenti richieste dei maggiori esponenti del periodo risorgimentale.

La fotografia tentava di imitare l’arte, mentre i pittori la usavano per riprodurre sulle loro tele tutti i particolari d’un determinato soggetto, pur negando di servirsi d’un tale sotterfugio. A poco a poco il realismo pittorico perse i suoi cultori, mentre faceva nuovi appassionati in campo fotografico. Si può dire che fu proprio grazie alla potenzialità comunicativa dei primi mezzi moderni di comunicazione di massa, in particolare della fotografia e dei giornali illustrati a far sì che la figura di Garibaldi arrivasse fino a noi come icona popolare per eccellenza del Risorgimento, l’immagine ufficiale di una nazione intera.

Da uno dei primi ritratti eseguito a Montevideo nel 1848 all’ultima fotografia sul letto di morte, le migliaia di immagini che ne susseguirono furono volte ad esaltare le sue imprese militari e le doti di condottiero leggendario.

Il volto di Garibaldi apparso sul periodico torinese “Il Mondo illustrato” nel febbraio del 1848 dimostra quanto il suo carattere carismatico attirò immediatamente la stampa. Durante la sua permanenza in Sud America, Garibaldi fu acclamato fino in patria, dai mazziniani, per il suo valore, tanto da iniziare a pianificare il ritorno in Italia. Inoltre apprese una serie di tattiche di guerriglia che gli furono molto utili in seguito, contro eserciti totalmente impreparati a fronteggiarle come quello francese e quello austriaco. La sua fama, grazie alle sue prime vittorie militari, raggiunse l’Europa. È in questi anni che lo scrittore francese Alexandre Dumas sente parlare di lui per la prima volta: avrà un ruolo molto importante nel rendere famoso Giuseppe Garibaldi come l’Eroe dei due mondi.

Giuseppe Garibaldi nel “Il Mondo illustrato”, 1848.

Durante il periodo che va dalla difesa della Repubblica Romana nel 1949 all’epica Spedizione dei Mille nel 1860 la rievocazione della sua figura raggiunse l’apice. Basti vedere il ritratto eseguito poco prima della partenza da Quarto, per poter ben definire gli emblemi dell’iconografia garibaldina.

Garibaldi viene ripreso frontalmente, di due terzi; è possibile riconoscere la camicia, molto probabilmente quella di colore rosso, dalla quale si scorgono le catenine della lente riposta nel taschino a sinistra.  Wladimiro Settimelli, nel suo fondamentale studio del 1982, ricorda come questa figurazione di Garibaldi sia non solo una delle più note e presente in molti musei e archivi del paese, ma anche che sia firmata di volta in volta da fotografi differenti, come i fratelli Bernieri di Torino, i fratelli Alinari di Firenze e uno sconosciuto fotografo napoletano. Tra le varianti della fotografia originale, quelle attribuite sicuramente ai fratelli Alinari di Firenze recano in aggiunta alla sciabola nella mano sinistra, il piccolo cappello rotondo nella mano destra.

Il 7 settembre Giuseppe Garibaldi entrò a Napoli da trionfatore, proclamandosi “Dittatore delle Due Sicilie”. Presso il fiume Volturno, a nord di Napoli, Garibaldi vinse la battaglia più imponente della sua vita, al comando di quelli che ormai erano diventati 30.000 uomini, arrestando in modo definitivo la ripresa dell’offensiva borbonica. A seguito dei due plebisciti in Sicilia e a Napoli e con Vittorio Emanuele II ormai Re dell’Italia unita, il suo ruolo militare si esaurì.    

Celebre è il ritratto del suo ritorno a Caprera. La fotografia, oggi conservata al Museo del Risorgimento Faustino Tanara a Langhirano presenta Garibaldi vestito della sua solita uniforme sugli scogli di Caprera. Nel retro del cartoncino d’appoggio della foto è presente la nota manoscritta a firma di Ninetta Toschi: “Fotografia autentica donata da G. Garibaldi a mia prozia Letizia Toschi che fu a Caprera per alcuni mesi governante in casa del Generale […]”.

Ancora tanti ritratti verranno realizzati nei mesi avvenire. Forse quello che ad oggi risulta essere il più leggendario è ancora una volta da attribuire ai Fratelli Alinari. Di una decina di anni dopo, la fotografia presenta Giuseppe Garibaldi oggettivamente più invecchiato e con sguardo più maturo e fiero. L’inedito poncho, che si intuisce essere anch’esso di colore rosso, è l’elemento caratterizzante insieme al cappello decorato. Una posa che ne accentua l’atteggiamento riflessivo e pensoso a differenza di quando appariva in piedi e poggiante sulla sciabola. Dunque, ancora alla fine del secolo, l’immagine frontale del Generale, pensata singolarmente, statica e posata, resta una delle più celebri ed efficaci in campo fotografico.

Eppure ci piace concludere con un’immagine pittorica, forse una delle più recenti realizzate in onore di Giuseppe Garibaldi.

«Questa presentazione di un tempo che si ferma, l’abbiamo vista anche […] nei grandi volti, ritratti, in cui l’espressione, malgrado il suo desiderio di essere manifesta, risulta sotto la pioggia di tratti sovrapposti, ferma, catturata ormai senz’altro tempo». (Francisco Brugnoli – Museo Arte Contemporanea di Santiago del Cile)

Francesca Leone realizza quest’opera nel 2010 per la mostra su Giuseppe Garibaldi a Castel Sant’Angelo in occasione dei festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità di Italia. L’opera è poi entrata a far parte della Collezione Tronca. Chissà se anche questo 2021 ci regalerà nuove opere in suo onore!

17 marzo 2021 – 160 anni dell’Unità d’Italia

 

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