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Andy Warhol e le infinite identità

Andy Warhol e le infinite identità

Il 6 agosto del 1928 nasceva a Pittsburgh Andy Warhol tra i maggiori protagonisti della scena artistica del XX secolo.

Pittore, grafico ma anche illustratore ha fatto della quotidianità la sua pittura più bella. La sua principale attività artistica, infatti, si è concentrata sulla riproduzione di personaggi famosi ma tratti dalla realtà che lo circondava. Uomini e donne del suo tempo riprodotti con l’ausilio dell’impianto serigrafico.

La sua idea più geniale ed originale era quella del metodo della ripetizione: su grosse tele riproduceva moltissime volte la stessa immagine alterandone i colori, sempre vivaci e forti.

Con questo metodo riusciva a trasformare i suoi amati personaggi, autentiche icone quali Marilyn Monroe, Che Guevara, Mao Zedong, Jacqueline Kennedy, Diana Spencer ma, anche le immagini pubblicitarie di grandi marchi commerciali, le bottiglie di Coca Cola o le Zuppe Campbell in rappresentazioni che si svuotavano del loro significato classico per acquisire nuove identità fatte di provocazione e di un significato profondo: quello di rendere l’arte con le sue infinite identità, un prodotto commerciale, di uso comune, che può essere “consumata”.

Per questo suo modo di concepire l’arte sarebbe riduttivo rinchiudere il maestro Andy dentro le quattro mura del genere Pop. La vastità della sua opera, la varietà dei soggetti e la modalità espressiva non lo permettono, perché Warhol è riuscito a superare i suoi colleghi contemporanei entrando in ogni ambito artistico, oltre che cinematografico, editoriale e televisivo. Tutta la sua arte, il significato che gli ha donato, l’interpretazione che ha assegnato ad ogni singolo pezzo creato dalla sua smisurata capacità intellettiva sembra sia stata sintetizzata dall’epitaffio che egli stesso dichiarò di volere sulla sua tomba “Ho sempre pensato che mi sarebbe piaciuto avere una tomba senza niente, senza epitaffio, senza nome. Anzi no! Mi piacerebbe che ci scrivessero sopra: Finzione”.

Andy Warhol ha avuto anche un legame molto speciale con Napoli, città che per energia “vulcanica” e spirito creativo lo affascinò sin dal primo impatto. Arrivò per la prima volta nel 1975 su invito del gallerista Lucio Amelio. Vi ritorna nel 1980, sempre su iniziativa del gallerista partecipando a “Beuys by Warhol” una storica performance insieme a Joseph Beuys, che tra le location ebbe anche l’Acropoli di Cuma. Successivamente sarà protagonista di “Fate presto”, che riprendeva il drammatico titolo del quotidiano Il Mattino all’indomani dello sconvolgente terremoto del 23 novembre, un evento il cui scopo era quello di tentare di trasformare quella tragedia in un momento di ricerca artistica, e di nuove energie creative per raccontare la Napoli del sisma.

Il lascito artistico e culturale di Warhol alla città di Napoli, infine, è Vesuvius, un Vesuvio in eruzione, un’opera iconica, che a buon diritto è entrata a far parte del ristretto novero dei capolavori dell’iconografia napoletana.

Elena Smaldone

 

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