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Keith Haring: un inno alla vita

Keith Haring: un inno alla vita

Il 4 maggio 1958 nasceva in una cittadella della Pennsylvania colui che sarebbe diventato con il tempo il più grande rappresentante della Pop Art: Keith Haring.

Artista ma soprattutto grande attivista americano, mosse i primi passi nella scena artistica newyorchese frequentando lo Studio 54 e il Club 57, luoghi amati da grandi come Andy Warhol e Jean – Michel Basquiat.

Haring, sin da subito, si fa conoscere come il grande pittore anticonformista che, con i suoi omini stilizzati e le sue opere colorate, riesce a portare avanti un discorso di denuncia di tutti i mali del suo (e anche del nostro) tempo: droga, razzismo, alienazione, arroganza del potere e la piaga di quegli anni 80/90, l’AIDS, che non risparmiò neanche lui, uccidendolo a soli 30 anni.

Interroga e interpreta il mondo con questo linguaggio artistico personale, unico e inconfondibile dove, anche se le forme dei suoi soggetti esprimono un’innocenza infantile, in realtà nascondono le inquietudini e la malvagità del genere umano.

Nella ricorrenza della sua nascita vogliamo ricordare questo grande artista attraverso l’unica e sola opera concepita sin da subito come permanente, oltre che l’ultima della sua vita: Tuttomondo, un murale nato da un semplice incontro tra Haring e un giovane studente di Pisa a New York.

Venne realizzato in una sola settimana coinvolgendo l’intera comunità che collaborò alla decorazione dei soggetti con colori tenui, scelti per riprendere quelli usati nel piano urbanistico cittadino, rendendo l’opera un tutt’uno con l’ambiente circostante.

Con questa sua ultima opera volle mettere in mostra il suo sogno ideale: vedere il mondo in pace ed armonia e lo fece attraverso le 30 figure che si uniscono a riempire 180 mq della parete della Chiesa di Sant’Antonio a Pisa.

Osservando l’opera, il suo intento è percepibile attraverso molti dei soggetti: le tre razze del mondo raffigurate una dentro l’altra mentre tengono in mano un cuore, attaccate dal serpente del male e protetta da forbici umanizzate ad indicare la capacità dell’uomo di poter salvare se stesso dal razzismo; dalla parte opposta l’uomo, il cui braccio entra nel corpo e si unisce alla sua gamba creando l’infinito, rappresenta il ciclo interminabile della vita; la croce pisana composta dalle 4 figure unite nel centro; una donna con un bambino tra le braccia, a simboleggiare la maternità; la TV , simbolo di apertura ma anche di rovina in caso di utilizzo sbagliato e infine l’uomo scala che rappresenta la volontà di ambizione nella vita umana. Il tutto contornato da figure che ballano a ritmi tribali sotto la mimetica presenza dell’autoritratto di Keith Haring che si identifica nell’omino giallo basso in posizione di fuga, pronto ad allontanarsi per non essere visto.

Haring, giovane artista trentenne, discreto, riservato ma sognatore ha lasciato al mondo, oltre che capolavori artistici, veri e propri testamenti morali che esprimono tutta la sua voglia di essere controcorrente e mostrare il bello che il mondo può offrire; l’ultimo suo regalo lo ha fatto a noi italiani attraverso la sua ultima testimonianza di vero inno alla vita che si chiama “TUTTOMONDO”.

 

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