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San Procolo, patrono di Pozzuoli, e i suoi omonimi

San Procolo, patrono di Pozzuoli, e i suoi omonimi

Le notizie più antiche sul martirio di San Gennaro e dei suoi compagni di fede risalgono alla cosiddetta passio bolognese, in quanto contenute nel codice 1473 della Biblioteca Universitaria di Bologna. Secondo questa narrazione, Procolo, diacono della comunità cristiana puteolana, sarebbe stato martirizzato nell’anno 305 nel corso della persecuzione voluta dall’imperatore Diocleziano.

Molti sono i puteolani che hanno sempre avuto la convinzione che il nome del loro patrono fosse esclusivo della città di Pozzuoli, ed in parte è così in quanto la diffusione di questo nome è ormai da tempo circoscritta quasi esclusivamente alla nostra città. Da diverse ricerche è stato dimostrato, però, che anche se non è più usato, il nome Procolo è molto più diffuso di quanto si possa pensare ed è presente in molte città italiane ed anche al di fuori dell’Italia.

La spiegazione è da ricercare nella circostanza che Procolo è molto ricorrente in quanto eredità della lingua latina e al termine procul che vuol dire lontano. Il nome Proculus è riferito ad un figlio nato mentre il padre era lontano. Al pari di Proculus, un altro praenomen comunissimo nel mondo latino era Postumo, e indicava un bambino nato dopo la morte del genitore. Dopo l’epoca romana, il nome Procolo è man mano caduto in disuso e non è stato più adoperato in nessuna località italiana, Pozzuoli a parte, ma anche qui i Procolo sono, ormai, sempre più in diminuzione.

Per l’origine del nome le notizie storiche relative ai diversi Procolo affondano le radici in tempi molto remoti e ovviamente sono molto scarse e in alcuni casi, come per Pozzuoli, vi è più di un Procolo le cui biografie si confondono e si sovrappongono, per cui non vi è quasi mai la certezza di trovarsi di fronte a uno solo o più personaggi storici.

Busto argenteo di San Procolo, 1731 di Domenico De Blasio
Pozzuoli, Museo Diocesano

A Pozzuoli di santi col nome Procolo ne troviamo due. Il primo è ovviamente il diacono martirizzato insieme a Gennaro, Festo, Desiderio, Acuzio, Eutiche e Sossio, nel corso della persecuzione di Diocleziano. L’altro nostro concittadino Procolo era anch’egli diacono e sarebbe stato martirizzato insieme alla madre Nicea nell’anno 249 durante la persecuzione decretata dall’imperatore Decio. Nel martirologio Romano il martirio di Procolo e Nicea ricorre il 18 ottobre. Come ben sappiamo anche la celebrazione del patrono ricorreva il 18 ottobre e che per agevolare la partecipazione della popolazione alle cerimonie in suo onore, la ricorrenza venne spostata al 16 novembre, dal momento che ad ottobre in tanti erano impegnati nella vendemmia e in altri lavori dei campi. Proprio questa data comune ha instillato il dubbio che i due martiri potessero essere la stessa persona. Se così fosse si dovrebbe poi stabilire, e non è cosa da poco, se il martirio sia avvenuto nel 249 o nel 305 ma, le fonti storiche sono così scarne che non riescono a fare luce sulla vicenda storica dei due martiri. San Procolo e la madre Nicea sono, poi, diventati famosi, grazie al dipinto che dei due fece la pittrice Artemisia Gentileschi nel XVII secolo e che è esposto nel coro della Cattedrale di Pozzuoli. Il particolare del dipinto non fa che alimentare altri dubbi, in quanto non si capisce perché il vescovo de Léon preferì commissionare alla Gentileschi il dipinto di un martire meno conosciuto del Patrono.

Ignoto, San Procolo, sec. XIV, legno dorato

Viaggiando lungo la penisola italica, troviamo che un San Procolo molto noto è sicuramente quello venerato a Bologna, la cui commemorazione cade il 1° giugno. Si tratterebbe di un soldato romano convertitosi al Cristianesimo e che subì il martirio, al pari del nostro patrono, durante la persecuzione del 305 e già questa concomitanza potrebbe generare confusione tra i due martiri. Anche a Bologna pare ci sia un secondo San Procolo che sarebbe stato vescovo della città ma, anche in questo caso le nebbie del tempo non consentono, per ora, di fare chiarezza. San Procolo è con San Petronio uno dei patroni del capoluogo emiliano, ed è appunto in questa veste che Michelangelo lo ha raffigurato in una delle sculture che decorano l’arca di San Domenico nell’omonima chiesa.

La chiesa bolognese di San Procolo ha origini antichissime e fu riedificata da monaci benedettini di Cassino di un attiguo convento intitolato anch’esso al Santo. All’esterno della chiesa è murata una piccola lapide che reca una sorta di scioglilingua in latino:

<SI PROCUL A PROCULO / PROCULI CAMPANA / FUISSET / NUNC PROCUL A PROCULO / PROCUL IPSE /FORET/ A.D. 1393>

<SE PROCOLO FOSSE STATO LONTANO DALLA CAMPANA DI SAN PROCOLO, ORA PROCOLO SAREBBE LONTANO DALLO STESSO PROCOLO/ ANNO DOMINE 1393>

La curiosa iscrizione è un gioco di parole, che secondo la tradizione popolare racconta di uno studente, di nome Procolo, morto per il troppo studio e sepolto nel cimitero del Monastero di San Procolo. Questa interpretazione intendeva, in modo ironico mettere in risalto quanto fosse gravoso lo studio che affrontavano gli studenti dell’Università di Bologna. Una seconda interpretazione riguarderebbe Procolo, centurione romano, decapitato sulle colline vicino alla città e il cui capo sarebbe rotolato verso il basso, fino a raggiungere il luogo dove poi sarebbe sorta la chiesa. Vi è, infine, una terza interpretazione secondo cui il sacrestano Procolo sarebbe morto a seguito della caduta della campana, e sia stato sepolto nei pressi della chiesa.

Nella regione emiliana viene ricordato anche un Procolo a Ravenna che secondo le fonti sarebbe stato il quinto vescovo della città e la cui commemorazione ricade il 1° dicembre.

Nella zona di Faenza, lungo la via Emilia, nei pressi di un ponte sul fiume Senio, vi è la Pieve Ponte costruita dopo la II guerra mondiale in sostituzione di un’altra documentata già dall’anno 824 e dedicata ad un San Procolo che sarebbe stato vescovo di Ravenna. Le notizie sulla figura del santo venerato nella pieve sono talmente scarse che non vi è la sicurezza che il titolare della chiesa sia proprio il vescovo ravennate e, per alcuni storici sarebbe un caso di sovrapposizione con i Procolo di Bologna e Pozzuoli. 

Un altro San Procolo abbastanza noto è quello di Verona, che è stato il quarto vescovo della diocesi veneta. La sua morte viene datata intorno all’anno 304, per cui anch’egli potrebbe essere stato una vittima delle persecuzioni di Diocleziano. Secondo il Martirologio romano la figura del martire è celebrata il 9 dicembre. A Verona la chiesa di San Procolo sorge nelle immediate vicinanze della più nota basilica dedicata al patrono San Zeno e di uno dei bastioni della fortezza austriaca Il bastione San Procolo è entrato nelle cronache della storia contemporanea in quanto nel gennaio 1944, proprio in quest’area, venne eseguita la condanna a morte per fucilazione di Galeazzo Ciano e dei gerarchi fascisti condannati con l’accusa di tradimento per aver causato la caduta del regime il 25 luglio del 1943.

Strettamente connessa al culto del vescovo veronese è la chiesa di San Procolo di Naturno/Naturn in Val Venosta a pochi chilometri da Merano (BZ), che è considerato uno dei monumenti più belli dell’Alto Adige. Eretta nell’VIII secolo in onore del vescovo veronese, custodisce all’interno un ciclo di affreschi di arte carolingia del IX secolo, tra i pochi documentati in Italia, raffiguranti episodi della vita del Santo.

Rimanendo in Veneto, nella città di Venezia esisteva una chiesa la cui edificazione era datata al IX secolo e dedicata al San Procolo di Verona. Oggi non esiste più, dal momento che nel 1818 venne trasformata in edificio per abitazioni. 

Un San Procolo lo troviamo anche a Firenze e si tratta del Vescovo di Costantinopoli Proclo. Nella città toscana c’è ancora la chiesa romanica del XIII secolo il cui titolo era San Procolo e Nicomede. All’interno si trovavano due dipinti aventi per soggetto il Santo: il Trittico di San Procolo, una tempera a olio su tavola del 1332, che raffigura anche la Madonna col Bambino e San Nicola, opera di Ambrogio Lorenzetti, oggi agli Uffizi e una tela di Gaetano Piattoli, San Procolo che guarisce un fanciullo, del 1739. Nel 2019 la chiesa, acquisita dal Ministero dei Beni Culturali è stata affidata al Museo del Bargello di Firenze.

Al San Procolo fiorentino e alla chiesa sono legati anche due singolari aneddoti che hanno per protagonista Giorgio La Pira, uno dei più famosi sindaci della città. Dal 1947 questi aveva dato vita ad un movimento cattolico giovanile che venne denominato “Obiettivo Giovani di San Procolo” dal titolo della chiesa dove si riuniva con i giovani volontari. Il secondo aneddoto risale al 1958 quando La Pira ricevette in Palazzo Vecchio un diplomatico della Repubblica Popolare Cinese. Il sindaco fiorentino si rivolse al rappresentante cinese con un saluto che, nell’opinione pubblica, destò stupore e ilarità “Dica al suo Governo che la Repubblica popolare di San Procolo riconosce la Repubblica Popolare di Cina”. È il caso di ricordare che all’epoca l’Italia riconosceva come legittimo governo cinese la Repubblica di Taiwan.

Anche nella città umbra di Terni, al pari di Pozzuoli si venerano due santi di nome Procolo. Il primo è un martire della persecuzione di Aureliano dell’anno 273 e la cui festività ricorre il 14 febbraio. Secondo alcune fonti è colui che, insieme ad altri confratelli, avrebbe dato sepoltura a San Valentino, martire e patrono della città. Il secondo Procolo è stato vescovo di Terni e, forse, anch’egli martire di Diocleziano.

Sempre in Umbria, a Narni, viene ricordato un San Procolo vescovo, martire durante l’invasione degli Ostrogoti di Totila, la cui festività ricorre il 1° dicembre.

San Procolo o Proclo è ricordato a Bisignano in provincia di Cosenza e si tratterebbe di un monaco del X secolo, il cui ricordo è fissato al 19 febbraio.

Il San Procolo di Lubriano, in provincia di Viterbo, era un umile pastorello ed eremita morto intorno ai 20 anni e vissuto tra la fine del 1200 e l’inizio del 1300. La festa in suo onore ricorre la seconda domenica di settembre. Anche se sconosciuto, la venerazione del santo è tale che la sua immagine ricorre nello stemma della cittadina viterbese. In Italia vi sono, inoltre, due frazioni di città che portano il nome di San Procolo; si tratta di una frazione di Paliano in provincia di Frosinone, i cui abitanti festeggiano il santo il 21 maggio e una di Monte Vidon Combatte in provincia di Fermo. Ciò che non è chiaro è da quale dei tanti Procolo prendano il nome queste frazioni.

La circostanza dell’origine latina fa sì che il nome Procolo lo si trovi anche al di fuori dell’Italia in aree dove veniva parlata tale lingua. È il caso della Francia dove troviamo due Procolo. Il primo, anche se non elevato all’onore degli altari è stato un personaggio importante del cristianesimo francese. È noto per essere il secondo vescovo di Marsiglia dall’anno 380 al 430 e in questa veste partecipò al Concilio di Aquileia del 381.

Nella città di Autun in Borgogna, il 4 novembre si ricorda un San Procolo, vescovo della città, vissuto tra il V e VI secolo che secondo un racconto leggendario sarebbe stato martirizzato nel corso delle invasioni degli Unni di Attila.

Riguardo l’etimologia non è da escludere che il nome Procolo possa anche essere una variante latina del greco Proclo, e sotto questo nome troviamo due santi ricordati in particolare dalle Chiese Orientali.

San Proclo e il cugino Ilarione di Ancyra in Asia Minore, martirizzati dal prefetto Massimo durante l’impero di Traiano.

Proclo o Procolo vescovo di Costantinopoli dall’anno 434, discepolo di San Giovanni Crisostomo e figura importante del Cristianesimo tanto da essere venerato sia dalle Chiese Orientali che da quella Cattolica.

Una particolarità che riguarda il Santo Patrono della Diocesi puteolana è che viene ricordato due volte nel corso dell’anno. La prima nel giorno stabilito dal calendario della Chiesa il 16 novembre, con funzioni religiose nella Cattedrale. La seconda consiste in una processione per le strade cittadine nella seconda domenica del mese di maggio. In proposito è da ricordare che nel IX secolo, le reliquie del Santo e dei suoi compagni furono trafugate, pare, da un cavaliere svevo. Per diversi secoli se ne persero completamente le tracce, fino a quando alla fine del Settecento, dopo lunghe e difficili ricerche furono ritrovate, da Mons. Antonio Gutler, confessore dei Reali Napoletani, in un’abbazia dell’isola di Reichenau sul lago di Costanza. L’annuale processione rievoca appunto quella solenne del 13 maggio 1781 con cui venne accolto il ritorno a Pozzuoli delle reliquie del Santo Patrono e dei suoi compagni di martirio.

 

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